fbpx
0
Totale : 0,00 €
Il carrello è vuoto!
Prodotto aggiorna

Lotario Vecchi

Lotario Vecchi nasce il 17 luglio 1888 a Parma dove i genitori gestiscono un bar-pasticceria che entra in crisi quando l’avvento del tram a vapore modifica il traffico dei clienti in modo sfavorevole all’attività commerciale. Così la famiglia, che conta due fratelli più piccoli, Arturo e Maria, si trasferisce a La Spezia nel 1895. Il padre, già Carabiniere in gioventù, si adatta a fare il manovale, mentre la madre lavora come levatrice diplomata. Sui cantieri Vecchi senior si guadagna la fiducia dei datori di lavoro e viene promosso prima fattorino e poi factotum dell’azienda edile presso la quale lavora. Lotario intanto frequenta le scuole tecniche e consegue il diploma all’età di 14 anni. Il suo primo lavoro è in qualità di “ragazzo di camera”, sul piroscafo Padova. Serve i pasti al Comandante, al suo Secondo e al Primo macchini sta e, visto che il cuoco si ammala, si occupa poi direttamente della cucina. Quando la nave sulla quale è imbarcato va in disarmo, Lotario torna a La Spezia dove trova impiego come aiuto contabile nel cantiere dove lavora il padre. Si tratta di un biennio durante il quale frequenta scuole serali e studia la lingua inglese. All’età di sedici anni e mezzo diventa fattorino telegrafico dell’ufficio postale di Savona e poi di Chiavari. Intanto si dedica anche al francese. La conoscenza delle lingue e la pratica con il codice morse lo mettono in luce, nel marzo 1907, durante un convegno internazionale a Rapallo, al quale era stato assegnato in servizio, e che vide l’incontro tra il cancelliere del Reich, principe Bernard Von Bülow e il ministro italiano degli esteri Tommaso Tittoni. La sua carriera nell’amministrazione pubblica è però stroncata sul nascere quando viene boicottato nel concorso pubblico per la carriera di Ufficiale Postale. Decide allora di aprire un cinema a Lerici insieme a un amico ma la concorrenza li costringe quasi subito a chiudere e Lotario trova lavoro temporaneo alle Poste di Genova come impiegato supplente. Partecipa quindi a un nuovo concorso postale per posti da impiegato e stavolta si classifica tra i primi. 

Image

Un giorno, mentre è in attesa della nomina ministeriale per prendere servizio, risponde per curiosità a un annuncio di lavoro pubblicato sul quotidiano Secolo XIX, che promette una buona retribuzione a giovani volenterosi. Si tratta di reclamizzare un romanzo a dispense e di convincere la gente a sottoscriverne degli abbonamenti. Lotario ritira la sua quota di un centinaio di fascicoli di saggio dal signor Wins della Heiermann & Cie, azienda olandese con sede ad Amsterdam, che si occupa del commercio ambulante di romanzi popolari a puntate e ha filiali in molte città europee come Bruxelles, Bordeaux, Parigi e Genova. Nel suo primo giorno di lavoro, Lotario ottiene la firma di venti contratti in un’ora, guadagnando 8 lire, esattamente il doppio di quanto gli garantiva una giornata da impiegato postale. Quando arriva la chiamata ufficiale per il lavoro da impiegato, Lotario, entusiasta, ha già deciso per la nuova attività di venditore porta a porta. Si trasferisce prima a Torino e poi a Roma, dove crea da zero una rete di piazzisti in grado di procurare quindicimila nuovi abbonamenti. Grandi numeri ma scarsi guadagni, e forse proprio per questo, gli balena l’idea di mettersi in proprio, magari all’estero, in Spagna, un territorio creduto da Vecchi “vergine” per questo tipo di commerci. Accumulato qualche risparmio si reca quindi a Vienna e acquista per 1200 marchi dall’editore Josef Rubinstein i diritti per l’edizione di un romanzo allora popolare: Fra i pazzi – I misteri del Castello Falconieri, scritto da Victor Von Falk, un conte polacco. Lotario Vecchi non lo pubblica in Italia, bensì in Spagna dove emigra per fondare la Vecchi y Casini Editores, con sede a Barcellona al numero 128 di Calle Muntener. Casini è il nome del responsabile della rete dei piazzisti. Il romanzo esce dunque tradotto in spagnolo nel 1910, a firma di Lorenzo Gualtieri, con il titolo cambiato in Maria, la Hada del Bosque, Maria la fata del bosco. L’opera ammonta a 101 dispense, per un totale di 1608 pagine con illustrazioni in bianco e nero e una manciata di cromolitografie che danno una preziosa nota di colore all’edizione. Altri titoli analoghi pubblicati a Barcellona, sempre a firma di Lorenzo Gualtieri, sono, per esempio, La lotta tra l’amore e la ricchezza (1912) e Mercedes o il destino fatale.

Image

Sebbene i libri pubblicati siano di qualità, le vendite non decollano, anche per via di una concorrenza agguerrita che conta almeno altri dieci editori che operano nello stesso settore. A Lotario Vecchi però viene un’idea geniale. Un pomeriggio si reca nei sobborghi di Barcellona e si mette davanti ai cancelli di una fabbrica di filati per cucito, in attesa dell’uscita delle operaie, alle quali distribuisce gratuitamente 1500 copie saggio delle sue dispense. Nei giorni seguenti registra la sottoscrizione di 280 nuovi abbonamenti. Finalmente le vendite decollano e permettono in breve la diffusione in altre città come Madrid e Valencia. Poiché le copertine delle dispense saggio sono gialle, il motto editoriale diventa: “El amarillo de la calle es oro”, Il giallo della strada è oro. La sorella Maria arriva dall’Italia lasciando una cattedra da insegnante per assumere la direzione della contabilità aziendale. Il fratello Arturo invece dapprima rappresenta l’azienda di famiglia in Portogallo per poi trasferirsi in Brasile, appena diciottenne, dove fonda la Casa Editora Vecchi, con sede in Rua Paulo Frontin, prima tappa dell’espansione di famiglia nel continente latinoamericano. Vengono aperte succursali in Cuba, Cile, Perù, Uruguay, Argentina Venezuela, Colombia e Puerto Rico. Un cugino di Lotario, Ildebrando Vecchi, apre il mercato in Messico e nella Repubblica Dominicana. Furono raggiunte da un rappresentante particolarmente intraprendente perfino le Filippine. La politica di espansione di Lotario era semplice. Quando un piazzista emergeva tra gli altri per capacità, Lotario gli offriva una rappresentanza della casa editrice in uno degli Stati Sudamericani. Il candidato veniva inviato sul posto con una certa somma di denaro per iniziare l’attività e naturalmente numerose casse di dispense. Il prezzo dei singoli fascicoli in America era il doppio di quello praticato in Spagna e il 40% per cento rimaneva nelle mani del depositario. Grazie a questa sola differenza di prezzo e senza impieghi di capitale extra, Lotario Vecchi riuscì in breve a “colonizzare” l’intera America latina. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale mette però in crisi lo sviluppo del sistema Vecchi a causa di un rincaro del prezzo della carta di 15 volte rispetto a prima del conflitto. 

Image

Impossibile pensare a un aumento del prezzo dei fascicoli che avrebbe significato una cessazione immediata degli abbonamenti. Nel 1919 Lotario Vecchi per salvare la situazione si reca in Germania, a Lipsia dove trova le 200 tonnellate di carta mensili e l’organizzazione tipografica necessaria a rifornire la sua rete, che fa sempre capo alla sede di Barcellona che nel frattempo ha cambiato la denominazione in Editorial Vecchi, con sede al n. 188 di Calle Claudio Coello. La società è diretta da Vecchi senior, mentre il cugino Otello Parenti ne è direttore responsabile. Intanto il fratello Arturo durante la guerra è riuscito a fare sopravvivere la Casa Editora Vecchi affidandosi per la stampa a tipografie locali, finché dopo la fine del conflitto apre un proprio stabilimento di stampa a Rio de Janeiro con macchinari acquistati da Lotario e spediti dalla Germania. Per alimentarlo, oltre alle dispense di famiglia si stampano classici stranieri e italiani da Dante a Collodi, da Machiavelli a Liala, da Petrarca a Pitigrilli – e una nutrita selezione di autori brasiliani. La casa editrice, quinta nel Paese, arriva ad avere un catalogo di 800 titoli di 230 autori diversi. Nel 1929 edita anche un giornale per bambini, Mundo Infantil, sul modello del Corriere dei Piccoli. La testata non ebbe però l’accoglienza sperata. In primo luogo in Sudamerica erano diffusi come negli Stati Uniti sia le strisce giornaliere, sia gli inserti domenicali a fumetti dei quotidiani, che già venivano incontro alle esigenze di intrattenimento dei bambini. Inoltre, la trovata tutta italiana delle didascalie in rima al posto dei balloon non attecchì presso un pubblico già ampiamente abituato alle nuvolette, così Mundo Infantil fu costretta alla chiusura dopo appena una ventina di numeri. Negli anni l’attività dell’Editora Vecchi prosegue ampliandosi al settore delle riviste pubblicando su concessione dei Fratelli Del Duca, Grand Hotel e mandando in edicola altre testate come Romantica, Lucky Martin, Jennifer, Douglas, Frank Vermont, Sentimental, Fascinaçao, Ternura, Novela e Figurino. Non possono mancare neppure i fumetti con edizioni di Piccolo Sceriffo, Sciuscià (che diventa Xuxà), Tex, Mad ed Eureka!. Nel 1951, la casa editrice è la prima a lanciare in Brasile le collezioni di figurine in bustina con titoli come Branca de Nieve e os Sete Añoes (Biancaneve, 1949), Gata Borraleira (Cenerentola, 1953), Animais (Animali), Idolos da tela (Divi del cinema, 1953), Avioes (Aeroplani), Peter Pan e Marcelino Pao e Vinho (Marcellino Pane e Vino).

Image

Nel 1968, con la scomparsa improvvisa di Arturo Vecchi, la guida della casa editrice passa nelle mani della moglie Amalia Campello e del figlio Lotario Campello Vecchi. Come accennato, con la fine della Prima guerra mondiale, Lotario Vecchi si era trasferito in Sassonia, a Lipsia, affittando uffici e magazzini per un’estensione di 3000 metri quadrati. Da qui partivano i centomila pacchi da due chilogrammi di materiale stampato, diretto per il 20% in Spagna, mentre il restante 80% prendeva la via per l’America latina. Due interi vagoni ferroviari alla settimana prendevano la via ferrata per il porto di Amburgo dove venivano caricati in nave.
Dopo aver fatto fortuna, Lotario Vecchi ritorna in Italia nel 1923 quando apprende che il suo primo datore di lavoro, l’olandese Heiermann ha cessato l’attività, lasciando così campo libero nel nostro Paese. Apre una tipografia e attiva una propria rete commerciale per la distribuzione di romanzi popolari e testate per ragazzi.
Poi si incontra con il fratello Arturo e stabilisce di comune accordo che questi si sarebbe recato temporaneamente in Spagna a dirigere la Editora Vecchi (1930-1933), mentre egli avrebbe attivato una nuova società a Milano, la Editoriale Vecchi, divenuta poi SAEV, Società Anonima Editrice Vecchi, con sede in Via Stelvio n. 64. L’attività familiare delle dispense continua come e meglio di prima della Guerra. In particolare, si mettono in luce tre piazzisti della rete torinese, affidata al depositario Agostino Leporini. Si tratta di tre fratelli che di cognome fanno Del Duca: Pacifico (detto Cino), Domenico (detto Mimo) e Alceo. Vista la loro abilità, Lotario affida a Cino l’esclusiva delle vendite in Lombardia, mentre depositario per la sola città di Pavia diventa Domenico, che nel frattempo sta concludendo gli studi di ingegneria. I fratelli del Duca, di lì a poco daranno il via a una propria casa editrice, scegliendo come canale di vendita le edicole piuttosto che la vendita a porta a porta. Tra i titoli a dispense immessi sul mercato da Vecchi in questo periodo ci sono la traduzione del primo successo, Maria, la fata della foresta, al quale si affiancano Gli angeli della Strada di Luigi De Val, Il segreto del cieco di Dick Bard e Martire d’amore di Allori.

Image

In libreria Vecchi porta autori come A. G. Bragaglia, Blasco Ibañez, Filippo Tommasi Marinetti, Giovanni Orsini, Lucio Ridenti, Angelo Maria Tirabassi, Clement Vautel. Particolare successo ha la traduzione dallo spagnolo di un volume del 1932 intitolato Stalin, l’uomo di acciaio della Russia Sovietica, di Alexis Marcoff. Il libro va esaurito in pochi giorni e quando Mussolini ne esige una copia da leggere, non se ne trova neppure una in tutta la Casa Editrice. Il prefetto di Milano manda allora una squadra di agenti a mettere a soqquadro l’archivio ma... nulla, la copia per il Duce non salta fuori e siccome non erano state spedite gli esemplari dovuti all’Archivio centrale della Stampa, Mussolini rimane a bocca asciutta. La Vecchi durante gli anni Venti pubblica inoltre la prestigiosa rivista Teatro, diretta da Nino della Casa e altri periodici di novelle come Atlantide, Fiordaliso, Rondinella alle quali si aggiunge un periodico di moda, Mimosa. Negli anni Trenta l’editore ha all’attivo almeno un’altra rivista, Rondinella, rivista illustrata per la casa e la famiglia e una collana di fiabe intitolata C’era una volta, sottotitolo “La migliore collezione di favole”, con cento titoli pubblicati in fascicoli autocopertinati da 24 pagine ciascuno. Non manca, infine neppure un’incursione nel mondo delle enciclopedie a dispense con un’opera in 125 fascicoli in vendita a 5 lire ciascuno, da rilegare in quattro volumi con il titolo di Storia Naturale (Zoologia 1 e 2, Botanica e Geologia), con 5000 fotografie e 300 tavole a colori e in bianco e nero. Tornando invece al fumetto, forte dell’esperienza fallimentare fatta in Brasile con Mundo Infantil, e comunque interessato al mondo del fumetto anglosassone per bambini Lotario Vecchi firma un contratto di esclusiva per la pubblicazione in Italia, Spagna e Francia delle pubblicazioni dell’inglese Amalgamated Press, un grande editore che nel 1930 aveva in catalogo una cinquantina di testate settimanali con racconti d’avventura e umoristici rivolti ai più giovani. Inoltre acquista comunque materiale americano di alcuni dei “fumetti” più noti attraverso il Corriere dei Piccoli, come Fortunello o la Checca.

Image

Con questa enorme library alle spalle nasce così il 17 dicembre 1932, Jumbo, il primo settimanale interamente a fumetti per ragazzi che adotta, all’uso inglese, sia le nuvolette, sia le didascalie a piede di vignetta. La tiratura iniziale di 50 mila copie viene “bruciata” in pochi giorni e le vendite balzano subito a 350 mila copie per un foglio di 8, 10 pagine a colori, in vendita a 20 centesimi. Il concorrente Corriere dei Piccoli in quel momento vende circa 220 mila copie a settimana. Da notare che inizialmente è lo stesso Lotario Vecchi, che conosce quattro lingue (inglese, francese, tedesco e spagnolo) a dare una prima scrematura al materiale da pubblicare sulla testata diretta inizialmente da Carlo Bonapace, noto giornalista milanese. Quando Bonapace lascia il giornalismo la scelta della maggior parte del materiale pubblicato sulle testate SAEV viene effettuata dal nuovo direttore, Gastone Marzorati, segretario particolare di Lotario Vecchi. Terzo e ultimo direttore delle testate SAEV è Roberto Mandel, che essendo di origini ebraiche, con l’avvento delle leggi razziali in Italia se la passò brutta e finì in carcere. Evase da San Vittore, a Milano nel 1944 e Lotario Vecchi lo ospitò per 17 giorni nel suo appartamento. Il rappresentante italiano della Amalgamated Press è la Helicon, una società controllata da Mondadori e diretta da Umberto Mauri. Quest’ultimo non manca di informare Arnoldo Mondadori dello straordinario successo che la SAEV sta avendo con i fumetti inglesi ma l’editore veronese, visto il contratto di esclusiva di Vecchi con gli inglesi (e la concorrenza di Nerbini con Topolino) non riuscirà ad andare in edicola con una propria testata a fumetti, I Tre Porcellini, fino al 1934. 

Image

Più tardi l’accordo diretto tra Arnoldo Mondadori e Walt Disney ribalterà il mercato ma inizialmente Vecchi gode di un “effetto sorpresa” che dura un annetto circa e durante il quale, come suol dirsi, “batte il ferro finché è caldo”. Lotario dunque fa replica in Italia quello che in Inghilterra si fa da anni, ossia differenziare le testate per generi ed età. Così nel 1933 lancia una dopo l’altra tre nuove riviste, Rin Tin Tin, il giornalino dei ragazzi (12 maggio), Primarosa, il giornalino delle bambine (17 giugno) e Tigre Tino (21 ottobre). Rin Tin Tin, che ottiene al lancio il lusinghiero risultato di 120 mila copie vendute, è intitolato al celebre pastore tedesco, protagonista di una serie di film muti di successo che negli anni Venti salvarono la Warner dalla bancarotta. Il titolo del fumetto inglese, ispirato al cane hollywoodiano, è Strongheart The Traker. Primarosa, invece, è la prima testata a fumetti dedicata esclusivamente a un pubblico femminile e alla sua prima uscita aumenta il fatturato con altre 110 mila copie vendute. La serie principale, Le gaie avventure di Primarosa e Gino è una traduzione di Buster, Linda e Pip, firmata dall’inglese Roy Wilson. La testata pubblica anche Little Annie Roonie di Fonsky e McClure. Infine Tigre Tino, l’inseparabile amico di Jumbo, si rivolge ai bambini più piccoli prendendo come modello la testata Alagamated Tiger Tim Weekly, basata sulla serie Bruin Boys di Herbert Foxwell. Del terzetto è la meno caratterizzata, tanto che alla lunga finisce per fare concorrenza alla testata principale, Jumbo, e pertanto viene chiusa nel 1935, mentre sia Rin Tin Tin che Primarosa gli sopravviveranno di un paio d’anni, chiudendo i battenti per motivi politici nel 1937. 

Image

Il 21 giugno 1934 Vecchi dà alle stampe Bombolo, “settimanale umoristico per ragazzi dai 6 ai 90 anni”, che tra gli altri personaggi porta in Italia per la prima volta il Popeye di Elzie Segar e Laurel & Hardy di George Waekfield. Un particolarità di Bombolo (che a partire dal n. 41 del 28 marzo 1935 cambia la testata in Cine-Comico) è quella di essere stampato di volta in volta su carta di differenti colori: gialla, verde, rosa. Ciò perché Lotario Vecchi acquista gli scarti di bobina dei quotidiani sportivi come la Gazzetta dello Sport e similari e li fa riavvolgere in modo da poterli usare per le sue testate. Possiamo dire che Vecchi con Bombolo, nel 1934, completa il portafoglio di testate a fumetti (Jumbo, Rin-Tin-Tin, Primarosa e Tigre Tino) e si avvia all’apice di un effimero successo. Ma ha fatto anche un passo ulteriore. Qualche mese prima di Bombolo ha voluto mandare in edicola un’altra testata che andasse a stuzzicare lettori un po’ più grandi, gli adolescenti in cerca di emozioni attraverso la lettura di corposi racconti avventurosi. Del resto, dopo la chiusura di tutte le testate dell’editore torinese Picco e Toselli nel 1929, questo segmento particolare era rimasto scoperto. Era così nato,  il 7 gennaio 1934, L’Audace, sottotitolo “Viaggi, sports, avventure”. La tiratura dei primi mesi si attesta sulle 60 mila copie che per un “non-fumetto” può considerarsi un discreto risultato. Tuttavia, alla fine del 1934 succede un fatto che costringe Vecchi a cambiare linea editoriale. Il concorrente Giueppe Nerbini manda in edicola il giornale L’Avventuroso, “Grande settimanale d’avventure”, un ampio foglio a colori sfavillante di fumetti avventurosi provenienti dagli Stati Uniti: L’Agente Segreto X-9, Flash Gordon, Jim l’uomo della Giungla, Mandrake, Brick Bradford e altri ancora. È un successo clamoroso da centinaia di migliaia di copie settimanali a cui bisogna pur rispondere. E Vecchi lo fa da par suo. Se Nerbini si è aggiudicato i diritti delle strisce quotidiane dei personaggi americani, lui degli stessi personaggi compra le tavole domenicali. Nerbini ne ignorava perfino l’esistenza e subisce un duro colpo nel vedere che la concorrenza dispone del suo stesso materiale. Anzi, in un certo senso materiale migliore perché le tavole domenicali in origine sono già scritte e disegnate per un pubblico familiare e quindi smussano quegli eccessi di violenza che possono caratterizzare le strip giornaliere. Del resto, in generale, il regime storce sempre di più il naso di fronte al materiale anglofono, anche se Nerbini, editore perfettamente allineato e prodigo oltre il necessario nel fare propaganda fascista, si sente, in un certo senso, più coperto degli altri. A seguito di questo cambio di contenuti esplodono anche le vendite dell’Audace? La risposta è no, la tiratura rimane attorno alle 60 mila copie iniziali e la testata vivacchia in attesa di tempi migliori che per Vecchi non verranno più. 

Image

Sì perché a questo punto bisogna ricordare che dopo una dozzina d’anni di dittatura la stampa per ragazzi in generale si trova con il guinzaglio davvero corto. Vecchi almeno in pubblico è politicamente agnostico e poco incline a omaggiare il fascismo, ma il cognato Ettore Carozzo, che dirige le attività editoriali francesi, è un noto antifascista e trasforma le redazioni parigine in un ricettacolo di fuoriusciti ed esuli politici. La situazione ha serie ripercussioni anche sull’attività dentro i confini nazionali e a un certo punto Vecchi dovrà prendere provvedimenti per aggirare una vera e propria persecuzione subita da parte della prefettura di Milano, che si convince, a torto, che anche la SAEV in Italia sia un covo di antifascisti. Per questo motivo quando Vecchi decide, nel 1936, di pubblicare un nuovo giornale, Robinson, “Settimanale di meravigliose avventure”, non lo fa sotto le insegne della SAEV, ma utilizza un editore “prestanome”, la Casa Editrice ALA, che fa capo apparentemente alle Arti Grafiche Bertarelli di Varese. La grafica della testata è conforme a quella degli altri giornali SAEV e i contenuti sono soprattutto fumetti italiani dei fratelli Carlo e Vittorio Cossio più un racconto di fantascienza intitolato I Falchi Grigi, illustrato da Vittorio, e scritto da Gianluigi Bonelli. L’espediente ha vita breve e quando la manovra di Vecchi viene scoperta egli è costretto a chiudere frettolosamente il giornale. In tutto vengono pubblicati 13 numeri, dal 22 novembre 1936 al 14 febbraio 1937. Vecchi è ben consapevole che prima o poi arriverà il divieto definitivo di pubblicare materiale estero, in special modo inglese e americano, che costituisce la sua fonte prevalente di approvvigionamento. Sentendosi quindi sempre più pressato dalla prefettura, decide di fare un estremo tentativo di salvare il salvabile e manda in edicola una testata questa volta italianissima a partire dal nome. Così il 30 maggio 1937 esce Pinocchio, “Giornale per ragazzi”. Vecchi ha dato a Carlo Cossio il compito di disegnare le avventure del burattino di Collodi, che formano la spina dorsale del settimanale. Completano le 12 pagine vari racconti illustrati e materiale ripreso dalle altre testate. Ma ormai è troppo tardi e un po’ per la concorrenza dell’Avventuroso, un po’ per le proibizioni del regime, le testate SAEV chiudono l’una dopo l’altra. Tigre Tino era stato il primo a sparire già nel 1935, “riassorbito” da Jumbo per la sbagliata formula editoriale. Poi è la volta di Rin Tin Tin e Primarosa, che chiudono nell’arco di pochi mesi, da giugno a settembre 1937, soprattutto per via del materiale inglese. L’ultimo arrivato, Pinocchio, resiste solo per 32 numeri, fino al gennaio 1938. E nello stesso anno, a novembre, chiude anche Jumbo l’ammiraglia delle testate Vecchi con la quale tutto era cominciato. A sopravvivere in edicola è solo l’Audace che subisce diversi passaggi di mano e una metamorfosi grafica.

Image

Visto che le vendite non erano decollate neppure con i fumetti americani, Vecchi prova a entrare in società con Mondadori a cui cede l’Audace a partire dal n. 264 del 21 gennaio 1939. Il progetto sarebbe quello di raddoppiare le vendite a 120 mila copie e per riuscirci la foliazione aumenta da 12 a 16 pagine e viene ingaggiata una squadra di disegnatori di grido sotto la direzione di Federico Pedrocchi. Il tentativo non va a buon fine e Mondadori, dopo un insuccesso per lui insolito, rispedisce la testata al mittente a partire dal n. 298 del 14 settembre 1939. La guerra mondiale è cominciata e Lotario Vecchi ha ormai deciso di abbandonare l’Italia per riparare in Francia e continuare da lì le sue attività editoriali e così sul n. 324 del 28 marzo 1940 un trafiletto annuncia mestamente la sospensione delle pubblicazioni. Dopo circa otto mesi di assenza, l’Audace torna in edicola grazie a un gruppo di collaboratori di Vecchi che si sono messi in società e hanno dato vita alla Casa editrice IDEA. Ne tirano le fila Gianluigi Bonelli e Dante Daini, giornalista e già direttore dell’Ufficio propaganda e sviluppo di Vecchi. Uomo di marketing, diremmo oggi. Poi tra i finanziatori troviamo il distributore Balzarini; Aldo Papetti, ex responsabile della distribuzione per Vecchi e i titolari della Tipografia Same che stampa il giornale. Questa gestione “collettiva” dura appena sei numeri, dal n. 325 del 30 novembre 1940, al n. 330 del 4 gennaio 1941. Bonelli, per la prima volta editore in proprio, scrive tutte le sceneggiature dei fumetti pubblicati, compresa quella di Furio Almirante che fa qui la sua comparsa con il nome di X1, il pugilatore misterioso.

Image

A questo punto le strade di Daini e Bonelli si separano. Daini fonda una nuova etichetta editoriale, Avventure Illustrate, mentre Bonelli è più che mai determinato a continuare con Audace, anche se intende proseguire con una nuova formula. Ha capito prima e meglio di altri che il futuro è nel formato albo e che i giornali hanno ormai fatto il loro tempo. Così, grazie a un prestito della suocera, Emilia Bertasi, Bonelli rileva la testata e diventa editore unico a partire dal n. 331 che esce in edicola come Redazione Audace. Bonelli, non essendo iscritto al Partito Nazionale Fascista, non può firmare come direttore responsabile. Il ruolo è ricoperto da Enwer Bongrani. L’aspetto grafico cambia radicalmente e la tradizionale tavola d’apertura a fumetti dei giornali lascia spazio a un’illustrazione che strilla l‘episodio contenuto: L’Uomo dal pugno d’acciaio, con protagonista X1, il pugilatore misterioso. Fiscalmente la testata è ancora un giornale, ma nell’aspetto e nei contenuti è praticamene un albo: un difficile equilibrismo tra forma e sostanza che innescherà numerose schermaglie con il regime, molto più severo e restrittivo nei confronti degli albi che con i giornali. L’Audace con questa formula riuscirà a superare la nottata degli anni bellici e Bonelli nel dopoguerra farà di questa testata il seme del suo impero editoriale. Tornando a Lotario Vecchi questi era riparato in Francia dove, come accennato, l’attività editoriale del gruppo era nelle mani dell’ingegnere Ettore Carozzo il quale aveva sposato Maria, la sorella di Lotario. Carozzo, da abile imprenditore, estende il campo d’azione al Belgio, aprendo una succursale a Bruxelles. 

Image

Per sfortuna di Vecchi però (malasorte da un mero punto di vista imprenditoriale) Carozzo è anche un acceso antifascista e vanta amicizie personali come quella con Don Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano, e perciò la famiglia aveva ritenuto opportuno che lavorasse all’estero. Inutile dire che a Parigi l’ingegnere apre casa e bottega a oppositori del regime del calibro dello stesso Luigi Sturzo, Francesco Saverio Nitti e a Gaetano Salvemini. Una volta, Carozzo si fa fotografare da un quotidiano parigino in compagnia di Nitti e del conte Sforza, davanti agli impianti di una nuova macchina per la stampa. Gli agenti dell’OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascista), si erano perfino fatti l’idea che Carozzo stampasse clandestinamente materiale antifascista da diffondere in Italia. Di sicuro, in qualità di direttore della società di famiglia la Librairie Moderne – Editions Imprimerie, stampava in Francia le opere di Sturzo, Nitti e Salvemini. E altrettanto sicuramente il dossier Carozzo era finito a più riprese sulla scrivania di Benito Mussolini. Lotario impallidiva e dissentiva di fronte alla sventatezza del cognato e per porre rimedio gli impone, se proprio insisteva nel dare alle stampe quei testi, di pubblicarli con una casa editrice di copertura. Cosa che Carozzo, non si sa se per ingenuità o perfida malizia esegue prontamente facendo stampigliare sui libri “pericolosi” la dicitura: “Editore tal dei tali, proprietà della Librairie Moderne”. Immaginate la reazione di Vecchi... Inevitabilmente l’editore è convocato al Ministero degli Interni dove subisce un autentico ricatto: se in Francia stampi i fuoriusciti antifascisti, allora stamperai anche per noi. Vecchi, senza possibilità di scelta, abbassa il capo e si presta a pubblicare in Francia la rivista Il Merlo, di Alberto Giannini, giornalista convertito al fascismo e già proprietario in passato del giornale umoristico Il becco giallo. Carozzo però gli mette talmente i bastoni tra le ruote che Giannini, dopo qualche numero, per la disperazione si cerca un altro stampatore per il suo foglio. Il tallone di Achille di Carozzo era la madre, che risiedeva in Italia. Una volta la va a trovare e si ammala a casa sua. Così viene beccato dagli agenti dell’OVRA che gli ritirano il passaporto per ben tre anni. 

Image

Allo stesso Lotario e alla moglie vengono sequestrati i documenti in occasione di un viaggio di lavoro a Milano. I problemi sul fronte nazionale si tramutano però in un vantaggio editoriale in Francia quando la Librairie Moderne si aggiudica i diritti di molti fumetti americani. Nel 1939 viene fondata la SAGE (Societé Anonyme General d’Editions), con sede in Rue du 4 Septembre a Parigi che debutta con i giornali Jumbo e Aventures. Partono con tirature basse da 50 mila copie a testata, vendute solo per la metà. Poi grazie all’amicizia con monsieur Lapaire, direttore generale delle Messageries de la Presse Parisienne, la distribuzione e la promozione cambiano radicalmente portando Jumbo a un venduto di 650 mila copie settimanali e Aventures a 750 mila copie! Nello stesso tempo Vecchi fa in Francia quello che Nerbini aveva fatto in Italia (e che Vecchi non aveva imitato in patria per “rispetto” del concorrente, eccezion fatta per Tarzan e Brick Bradford), ossia raccoglie in albi le avventure apparse sui giornali. Tirature e vendite viaggiano sulle 80 mila copie a titolo. Aggiunti ai milioni di dispense dei romanzi a puntate permettono di dire che Vecchi nonostante i guai italiani e spagnoli era all’epoca ancora sulla cresta dell’onda. Purtroppo nel 1940 a Parigi sotto l’Arco di Trionfo marciano i nazisti che alla prima ispezione degli stabilimenti tipografici sequestrano e distruggono fino all’ultima copia stampata. Vecchi fugge a Lione dove riesce ancora a stampare pochi numeri di Jumbo e Aventures. Solo col tempo le regole teutoniche si ammorbidiscono e torna possibile stampare fumetti, purché creati da soli autori francesi. Vecchi coglie l’occasione e per un paio di anni pubblica attraverso la Librairie Moderne i settimanali Gavroche e Les Grandes Aventures. Ancora più paradossale è la storia delle attività spagnole di Lotario Vecchi. Qui, come raccontato, faceva base la casa editrice Hispano Americana per l’esportazione dei prodotti Vecchi in tutta l’America meridionale ma, soprattutto, in Spagna Vecchi trova campo libero nel campo del fumetto

Image

Non ha praticamente concorrenti e quindi può stampare da solo tutti i principali personaggi americani di quegli anni in giornali come Yumbo, Aventurero e La Revista de Tim Tyler e successivamente ne raccoglie le avventure in albi. Personaggi che vanno da Capitan Marvel a Lone Ranger a Flash Gordon a El Hombre Enmascarado, alias Phantom. A Barcellona, inoltre, pubblica le riviste Golondrina, Modas Nuevas, La Esfinge e Cinevida. Insomma lo stesso copione recitato altrove che riscuote grande successo di critica e di pubblico finché... come al solito ci si mette di mezzo la guerra. In questo caso quella civile spagnola. Vecchi fa base a Barcellona che diventa la sede del governo repubblicano legittimo e così inizia ad avere problemi per ragioni opposte a quelle che lo ostacolavano in Francia! Se là era considerato antifascista, in Spagna per il solo fatto di essere di origini italiane e di pubblicare sotto il regime che appoggiava Franco, viene considerato fascista dai repubblicani! Ci pensano comunque i bombardamenti tedeschi a distruggere quasi tutte le sue proprietà. Barcellona è infine la città dove Vecchi si trasferisce definitivamente nel dopoguerra. Per l’ennesimo nuovo inizio ottiene dai fratelli Del Duca i diritti per stampare Grand Hotel in Spagna. Successo enorme ma il regime franchista lo fa chiudere dopo un anno e così Vecchi, sfinito, cede la Hispano Americana de Ediciones al cugino Otello Parenti. In questo modo termina la sua attività nella stessa nazione dove l’aveva incominciata quarant’anni prima. 

Image

L’ultimo colpo di coda è una società con Fuentes, un amico di Bilbao, con il quale fa una trasferta “mordi e fuggi” in Italia per fondare le Edizioni Lampo, specializzate nelle raccolte di figurine. Non le inventa certo Vecchi, le figurine, ma le vende in edicola in pacchetti dove non ci sono “rare” e con pochi soldi tutti riescono a completare gli album. Anche perché possono acquistare direttamente dall’editore le ultime venti mancanti di ogni collezione grazie a un apposito tagliando inserito nell’album. È l’ultimo successo da milioni di pacchetti e 50 collezioni distribuite solo in Italia. Come sempre, Vecchi gioca i suoi assi nella manica in altri Paesi, in Germania per esempio dove con un ex collaboratore apre la Otto Sicker Verlag. Le figurine tradotte in tedesco e stampate in Italia venivano spedite in treno. Il modello viene copiato e ottimizzato dai Panini che fanno della figurina un’industria mondiale. Prima di ritirarsi a vita privata, per via dell’età, Vecchi cede la Sagedition al nipote Broussard, figlio della sorella Maria. Si spegne a Milano il 20 settembre 1985 alla veneranda età di 97 anni. Uomo minuto, mite e dalla condotta cristallina negli affari, è stato un gigante non abbastanza apprezzato dell’editoria del XX secolo. Rimane la curiosità di chiedersi dove sarebbe arrivato se non ci fosse stata di mezzo la Seconda guerra mondiale.

➡ Torna sul nostro store

Seguici sui social

Registrati alla newsletter!

Iscriviti alla newsletter e resta informato
sulle novità di If Edizioni.
Non condivideremo mai la tua e-mail con terze parti.

Iscriviti ora