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Benito Jacovitti

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La Casa editrice della famiglia Bonelli è da sempre votata al fumetto avventuroso più che a quello umoristico, che solo raramente ha trovato ospitalità sulle sue pubblicazioni. Si tratta di una scelta editoriale e non certo di un pregiudizio nei confronti di un genere. Sono lì a dimostrarlo numerose esilaranti pagine scritte da Sergio Bonelli, che ha saputo fondere avventura e humor in alcune delle storie più rappresentative dei suoi personaggi, Zagor e Mister No, e ha dato vita a Cico, la simpatica “spalla” dello Spirito con la Scure, a lungo protagonista anche di una serie di albi speciali. Così, seppure in netta minoranza, anche autori di fumetto umoristico sono entrati nello staff della Bonelli. Tra loro spicca il nome di Benito JacovittiNato il 9 marzo 1923 a Termoli, importante centro del litorale molisano, Benito realizza il suo primo disegno a sei anni. A undici anni, al seguito della famiglia, si trasferisce a Firenze. Nel capoluogo toscano il futuro fumettista frequenta il liceo artistico, dove gli è dato il soprannome di “Lisca di pesce” a causa dalla sua altezza e di una estrema magrezza

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Questo nomignolo è destinato ad accompagnarlo per il resto della sua vita e a diventare una delle sue firme. Intanto legge fumetti, soprattutto Braccio di Ferro di Segar e, più tardi, Li’l Abner di Al Capp, e vede centinaia di film, in prevalenza western, grazie al padre che, tra i vari lavori, svolge anche quello di operatore in un cinema. È questo cocktail di immagini, oltre che di atmosfere umoristiche e avventurose, a fornirgli la prima scintilla creativa, alimentata da una personalità già propensa al motteggio, alla battuta, a un umorismo irrefrenabile e venata da un pizzico di cinismo. L’esordio nel mondo editoriale avviene con Il Brivido, un settimanale umoristico al quale collabora, tra gli altri, anche un giovane Federico Fellini.

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Alla fine del 1939 una sua vignetta è notata da un collaboratore de Il Vittorioso. Gli è chiesto, così, di collaborare al prestigioso settimanale cattolico. Nasce la prima striscia di Pippo, Pertica e Palla, incentrata su tre ragazzini, noti anche come i 3P, impegnati in ogni genere di marachelle e avventure. Nella serie, la cui produzione prosegue per oltre vent’anni, Jacovitti si immedesima in particolare con Pippo, il più piccolo ma anche il più intelligente e generoso dei tre. Concluso il liceo, il fumettista s’iscrive alla facoltà di architettura, ma a causa della Seconda guerra mondiale, è costretto a interrompere gli studi. Nel 1946, a conflitto terminato, si trasferisce a Roma dove incomincia a collaborare con giornali di satira come Bertoldo e Marc’Aurelio, incrociando la propria strada con quella di personaggi famosi come Steno (Stefano Vanzina) e Marcello Marchesi.

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Ma a impegnarlo maggiormente è ancora una volta la collaborazione con Il Vittorioso, soprattutto a partire dal 1949, quando nasce il Diario Vitt, che ospita tra le sue pagine interventi di scrittori e giornalisti, ma soprattutto illustrazioni, vignette e fumetti di Jacovitti, o Jac come spesso si firma. Le sue immagini sono talmente apprezzate, e lui si diverte a tal punto a disegnarle, che Jacovitti si occupa di tutte le edizioni del diario, a esclusione di quella del 1980. La fama di Jacovitti continua a crescere e nel 1957 Andrea Lavezzolo lo chiama a Milano per collaborare a Il Giorno dei Ragazzi, supplemento settimanale del quotidiano Il Giorno. Per questa testata crea Cocco Bill, suo personaggio più celebre, ben presto seguito da una pletora di altri divertentissimi character: il reporter Tom Ficcanaso (1957), il pirata Gambadiquaglia (1960) il pollo Chicchirino (1963) e i fantascientifici Gionni Galassia (1958) e Microciccio Spaccavento (1965).

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Lo stile di Jacovitti è ormai perfettamente definito, facilmente riconoscibile e universalmente apprezzato. Le sue vignette sono un tripudio di dettagli e trovate folli, inclusi caratteristici oggetti – lische di pesce, salami, matite eccetera – che sbucano inspiegabilmente dal terreno. I personaggi, gommosi e dai nasoni ingombranti, si muovono con disinvoltura e saltano come molle. L’umorismo è surreale e imprevedibile. La costruzione delle tavole originale e svincolata da qualsivoglia regola. Le onomatopee di “costruzione propria”, dato che spesso ai classici “bang” e “sdoing” preferisce i ben più bizzarri “banghete”, “schiaffon”, “bummete”, “zacchete” e chi più ne ha più ne metta. Nel 1967 passa al Corriere dei Piccoli, storica pubblicazione in via di rinnovamento. In quella sede non solo trasporta alcuni suoi character già noti, come il citato Cocco Bill e Jack Mandolino, malvivente tanto sfortunato quanto incapace per l’occasione opportunamente rinnovato, ma ne crea di nuovi, tra cui il fiabesco Tarallino e il vendicatore mascherato Zorry Kid, probabilmente il suo personaggio più famoso dopo Cocco Bill.

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Per tutti gli anni Settanta e fino al 1982, continua la collaborazione con il Corriere dei Piccoli e con la sua evoluzione, il Corriere dei Ragazzi, ma non disdegna la frequentazione di altri “circoli” fumettistici. Nel 1973 collabora con la rivista Linus, che apre le porte al fumetto d’autore, chiamato dall’allora direttore Oreste del Buono. Per questa pubblicazione Jac crea Gionni Peppe, un buffo gangster, e in seguito Joe Balordo, “un fottutissimo sbirro che bazzica i più fottuti quartieri di questa fottutissima città”. Ma una sua vignetta in cui rappresenta il personaggio di Linus (comprimario della striscia Peanuts di Charles Schulz) con una bandiera sovietica al posto della consueta coperta, a voler sottolineare lo spirito di sinistra del mensile, scatena le proteste di molti lettori. A queste ultime risponde disegnando una nuova vignetta nella quale, al posto della carta igienica, colloca una copia della rivista che lo ospita. La vignetta è censurata dalla redazione e Jac interrompe l’ormai conflittuale collaborazione.

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Non è l’unico caso di scontro con direttori e editori della sua carriera. Nel 1977 la realizzazione su testi di Marcello Marchesi del Kamasultra, raccolta di vignette che propongono una versione ironica delle posizioni erotiche del Kamasutra, crea degli attriti con la AVE, casa editrice de Il Vittorioso. Ma l’artista non cede, prosegue per la propria strada di libertà e, poiché bacchettato sia dalla sinistra sia dalla destra fumettistica, conia per sé la definizione di “estremista di centro”. Intanto il lavoro prosegue e Jacovitti collabora con L’Europeo, Il Tempo e per i giornali satirici Il Male, Cuore e Tango, realizzando prevalentemente vignette. Come illustratore si dedica nuovamente al Pinocchio di Collodi (che ha già illustrato negli anni Quaranta), personaggio da lui molto amato, nella quale reinventa il burattino di legno con la consueta verve grafica. Il controverso Kamasultra lo porta a collaborare anche con la rivista per adulti Playmen e, negli anni Ottanta, a realizzarne una sorta di seguito, Il Kamasutra spazialeIronizza anche sulla scienza medica, grazie alle vignette della serie Elogio della medicina su testi di Gian Luigi VeronesiLe sue illustrazioni finiscono su giochi e mazzi di carte, mentre i suoi personaggi più famosi trovano asilo sul settimanale il Giornalino delle Edizioni San Paolo.

 

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Nel 1997 approda finalmente alla Sergio Bonelli Editore, grazie al suo Cocco Bill che tiene a battesimo I grandi comici del fumetto, una collana annuale, interamente a colori, dedicata agli autori che hanno fatto la storia del fumetto umoristico italiano. Cocco Bill, che proprio nel 1997 compie cinquant’anni, si riconferma così come un personaggio eterno, in grado di far divertire e ridere anche con mezzo secolo sulle spalle. Jacovitti muore il 3 dicembre 1997, gli sopravvive proprio Cocco Bill, continuato dall’allievo Luca Salvagno sulle pagine de il Giornalino.

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