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Roberto Renzi

Roberto Renzi nasce a Cadorago, in provincia di Como, il 10 febbraio 1923. Il padre, Renato, lascia la famiglia quando lui è ancora molto piccolo, per cui cresce insieme alla madre nella villa dei nonni. Di professione il nonno è ingegnere e fa la spola con il treno verso Milano quasi quotidianamente. A Cadorago, Renzi trascorre i primi sei anni della sua vita fintanto che, per comodità, l’intera famiglia decide di trasferirsi a Milano, in un’appartamento di Via Paolo e Luigia Arpesani, al civico 3. Una strada privata in una zona semicentrale, allora popolata da tante famiglie e bambini.

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Qui Roberto fa amicizia con un coetaneo, Augusto Pedrazza, che frequenta la stessa scuola. I due crescono assieme e assieme scoprono la passione per i fumetti sulle pagine dell’Avventuroso pubblicato da Nerbini. Quando riescono a risparmiare a sufficienza, oltre a comprare gli amati giornalini, vanno al cinema. In particolare rimangono entrambi folgorati dalla visione di una pellicola dedicata a Tarzan. Nei giorni successivi Augusto, che è molto dotato per il disegno, armato di gessetto disegna Tarzan sui marciapiedi del quartiere per lo stupore dei suoi amici. A Roberto Renzi viene naturale chiedere: “ma se sei così bravo, perché non inventiamo insieme delle storie?”. Un episodio e un gioco da bambini che segnerà il loro comune destino professionale.

Quando hanno 18 anni, nel 1941, è Augusto Pedrazza a prendere l’iniziativa e a entrare in contatto per primo con il mondo dell’editoria, dopodiché presenta l’amico Roberto a Mario Conte, patron della Edital. La Edital in quel periodo pubblica Gli Albi di Scimmiottino, disegnati da Enver Bongrani, Giuseppe Perego e Rino Anzi; gli Albi Mundus, caratterizzati da storie libere di genere avventuroso, a cui si affiancano poi altri periodici umoristici come Cartoni Animati, Gli Albi dell’Allegria e Le Più Belle Fiabe.

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Quest’ultima testata e Gli Albi di Scimmiottino vengono cedute da Mario Conte a un nuovo editore, Giuseppe Caregaro, che si è affacciato da poco sul mercato, fondando le Edizioni Alpe. Complice la svolta autarchica del regime fascista che proibisce la pubblicazione di fumetti di provenienza estera e lascia quindi agli editori nostrani ampi spazi da coprire in edicola Mario Conte e Giuseppe Caregaro sono abili nel trasformare le loro piccole case editrici in importanti realtà del panorama editoriale italiano. Ciò avviene anche grazie a importanti investimenti di privati e di gerarchi fascisti che fiutano il business. È questo l’ambiente nel quale i giovani Renzi e Pedrazza muovono i loro primi passi professionali. Roberto Renzi, in particolare, viene affidato alle cure di Giulio Tramballi, vulcanico giornalista che dirige diverse testate, sulle quali scrive racconti e sceneggiature di fumetti che firma come Julius o Giulio da Milano.

È da lui che Renzi impara il mestiere di redattore e giornalista, suo vero obiettivo professionale. Al giovane Renzi non manca certo la facilità di scrittura che esibisce in pezzi dapprima anonimi a poi firmati con lo pseudonimo di Renzo De Renzi. “La bara d’acciaio” è il suo primo racconto accreditato, illustrato da Giorgio Scudellari, ad apparire sugli Albi Mundus n. 6, dell’8 maggio 1942. Il suo primo fumetto, in realtà un racconto a didascalie, viene pubblicato sul successivo Albi Mundus n. 7, del 15 maggio 1942, con il titolo: “L’ufficiale dei sahariani” e i disegni di Egidio Gherlizza.

Sull’Albo dei Ragazzi (già Albo dei Bambini) n. 118, 19 giugno 1943, pubblica il primo personaggio di sua creazione: Rainiero, protagonista di “Il naufragio del brigantino” con tavole di Nando Rossi. Non a caso, Rainiero nella sua seconda avventura sbarca su un’isola deserta dove si trova alle prese con un tarzanide. Se ne deduce che i film di Tarzan gli erano proprio rimasti impressi, come dimostrerà poi la sua intera carriera!

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Su un’altra testata, Ragazzi Avventurosi, scrive “L’ultima battaglia” (n. 26, 15 novembre 1942, disegni di Franco Chiletto), “La radura in fiamme” (n. 33, 2 giugno 1943, disegni di Gino Cossio) e “L’anello di Matun”, il primo di infiniti lavori illustrati dall’amico Pedrazza (n. 34, 15 giugno 1943). Sempre su Ragazzi Avventurosi, nuova serie pubblica un lungo racconto comico a puntate, intitolato “Collosecco a zonzo fra le stelle” (dal n. 1, 15 novembre 1943 al n. 11, 30 aprile 1944) che rimane senza conclusione per dare inizio alle avventure di un nuovo personaggio, il Corsaro Viola, disegnato da Gino Cossio. Questo capitano pirata, alto e secco e con in bocca due soli dentoni residui, è affiancato dal nostromo Uncino e dal marinaio perdigiorno Vento in Poppa. L’antagonista è il governatore Hernandez. Tutte queste caratterizzazioni filtreranno, in qualche modo, diversi anni dopo nella saga di Pepito creata da Luciano Bottaro e alla quale Renzi ha contribuito con i testi. Altra testata con la quale Renzi collabora negli anni Quaranta è Cinevita, esordendo sul n. 33, 19 settembre 1942, con il racconto “Saluti dal lago di Como”; scrive poi numerosi pezzi per le rubriche Racconti d’Oggi e Le nostre novelle. Sulla testata “cugina”, I Racconti di Cinevita, pubblica sul n. 76, gennaio 1944, a chiusura della collaborazione, il racconto “Novella quasi gialla”. 

In redazione ha anche occasione di fare nuove conoscenze, come Egidio Gherlizza o come Antonio Terenghi, allora un semplice giovane fattorino ma che in seguito diventerà un collega e darà vita al famoso Pedrito El Drito. Di Terenghi, Renzi diventerà nel tempo molto amico con frequentazioni che finiranno per coinvolgere le rispettive famiglie, come già avveniva con Pedrazza. Altra persona di riferimento per Renzi in quel periodo è Andrea Da Passano, autore del prodotto di punta della casa editrice: gli Albi di Criche e Croc, come venivano autarchicamente chiamati i divi delle comiche Stan Laurel e Oliver Hardy. Non solo Da Passano insegna a Renzi il mestiere di sceneggiatore, ma tra i due nascono le basi di un sodalizio professionale destinato a svilupparsi nel tempo. Da Passano, di origini francesi, insegna a Renzi l’abbicì dei tempi narrativi, l’arte del ritmo e della battuta. Renzi, ricambia il collega editando i dialoghi delle sue sceneggiature e fluidificandone la sintassi e la comprensione.

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Insomma, Renzi, ricco di iniziativa e di voglia di fare si fa benvolere dall’editore Mario Conte che sempre più spesso lo porta in giro con sé e gli concede piena fiducia: “Va’ tu in tipografia a curare la stampa, perché io non ho tempo e di te mi fido”, riferisce Renzi che gli diceva sempre più spesso Conte. In questo modo ha anche l’opportunità di attivare una serie di contatti diretti con i titolari degli stabilimenti tipografici dai quali uscivano le pubblicazioni Edital. Primo fra tutti lo Stabilimento Rotocalcografico Vitaliano, che sfornava Cinevita, e poi gli altri presso i quali si stampavano, a rotazione, gli albi, a seconda della disponibilità della carta (merce scarsa durante il periodo di guerra): i tipografi CarcanoFelisiPonti e Milesi. Tutti costoro coltivavano l’ambizione di diventare, un giorno, essi stessi editori, ma non ne avevano le competenze redazionali. 

Pertanto a fine guerra, Roberto Renzi grazie alle sue capacità professionali diventerà per loro una figura di riferimento per organizzare nuove imprese editoriali. Nel 1943 Roberto Renzi è richiamato sotto le armi ma ha la fortuna di essere assegnato a una reparto milanese per cui non cessa completamente l’attività lavorativa. Mentre indossa la divisa aderisce a una chiamata dell’esercito tedesco che organizza un corso per giovani con attitudini giornalistiche, per diventare corrispondente di guerra. Il corso, inizialmente previsto in Italia, si svolge a Heuberg, in Germania e così Renzi è costretto a lasciare la famiglia e la fidanzata per un periodo di quattro mesi. Al suo rientro, nelle fasi convulse della fine del conflitto che precedono la liberazione, sposa la fidanzata Elsa Cavrioli. Al termine della guerra Renzi si ritrova con diverse strade aperte: fare lo sceneggiatore, lo scrittore oppure il giornalista. Nell’attesa di decidere e soprattutto nella necessità di trovare una fonte di sostentamento per sé e la famiglia, fa tutte queste cose insieme.

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Un ex collaboratore Edital, Antonino Mancuso chiama a sé alcuni colleghi, tra cui Renzi, per dare vita a un nuovo giornale, L’Eroico, confezionato sulla falsa riga dell’Intrepido, che esce per i tipi della Epi dal 1° luglio al 9 dicembre 1945. Per L’Eroico, Renzi scrive “Le vipere verdi”, con i disegni di Dino Attanasio. Intanto, mentre si guarda intorno, il caso gli fa rincontrare Angelo Ozzola, commilitone con il quale aveva condiviso il corso giornalistico in Germania e diversi sogni giovanili, tra i quali quello di scrivere romanzi a puntate da vendere a porta a porta, come peraltro avevano fatto Lotario Vecchi e i fratelli Del Duca, facendo la loro fortuna. Ebbene, Ozzola ha trovato un finanziatore, un certo avvocato Lanzillo, e manca solo uno scrittore per realizzare il progetto. Renzi non può lasciarsi sfuggire l’occasione. Scriverà dei romanzoni sentimentali a dispense, da vendere alle massaie delle case di ringhiera. Per invogliarle all’acquisto, le dispense, vendute a blocchi di sei, erano abbinate a omaggi costituiti da oggetti domestici d’uso pratico come piatti, bicchieri e posate; tutte cose utilissime per tornare alla normalità della vita in quei primi tempi di ricostruzione. Fino al 1954, Renzi scrive ben tre di questi romanzi fluviali dove, dispensa dopo dispensa, escogita sempre nuovi colpi di scena senza sapere bene lui stesso dove sarebbe andato a parare e con il solo scopo di tenere costantemente alto l’interesse delle lettrici. Le soap-opera ante litteram si intitolano “Il sentiero dei due cuori” (100 dispense, 1596 pagine), “Il gioco del destino” (120 dispense, 1918 pagine) e “Oltre la barriera” (159 dispense, 2183 pagine e no, non c’entra nulla Il trono di spade!). Ciascuna dispensa aveva 32 pagine e alla conclusione di ogni romanzo l’editore regalava la raccolta rilegata in più volumi sulla quale appariva in costa il vero nome dell’autore; mentre sulle copertine delle dispense, illustrate da Augusto Pedrazza, lo scrittore si firmava come Renzo De Robertis. I prezzi delle singole dispense passano nel tempo dalle 25 lire iniziali a 30 e infine a 35 lire. 

Oltre ai romanzi a puntate, Renzi, più determinato che mai a diventare giornalista, trova spazio nella redazione del quotidiano cattolico L’Italia, espressione della curia milanese e precursore del quotidiano Avvenire. Ci entra grazie al ritrovato mentore Giulio Tramballi che ne è caporedattore, ma solo come “volontario”, ossia lavorando a titolo completamente gratuito alle pagine dedicate ai fatti delle provincie lombarde. Il giornale si chiude alle due di notte per cui il lavoro serale gli permette di fare altro durante il giorno per sostentarsi. Dopo qualche mese di “volontariato”, viene assunto con un piccolo stipendio come praticante e diventa giornalista professionista nel 1947. Quello che guadagna non basta per vivere, ma è un investimento per il futuro. Subito dopo, Roberto Renzi riallaccia i contatti anche con gli editori di fumetti. In primo luogo il suo vecchio editore Mario Conte che è tornato in edicola con una serie di numeri unici in attesa di riprendere le pubblicazioni di Criche e Croc. Per lui scrive il racconto “La morte nella prateria”. Allaccia inoltre una collaborazione con Umberto Pagani, già titolare della Casa Editrice Impero, che pubblicava gli Albi ImperoAvventure (con Salgari e Pappatutto), I Romanzi del Ciclamino e I Romanzi del Sole. Tutte testate più che allineate al regime, mentre ora che il vento è cambiato, l’editore ha trovato più opportuno cambiare la ragione sociale in Editrice Pagani per tornare in edicola. Per lui Renzi scrive Bob Karten, firmandosi R. Rhen, un fumetto disegnato da Augusto Pedrazza, Galliera e Dilep. Come recita la pubblicità, si tratta di un: “Astuto poliziotto, abile esploratore, uomo dal coraggio indomito e dal pugno fulminante”, immancabilmente accompagnato nelle sue esotiche avventure dalla fidanzata Diana e dal professor Zac. La collana che ospita il personaggio è quella degli Albi del Drago Verde, dal novembre 1946 all’agosto 1947.

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Nel frattempo un altro collega, il disegnatore Andrea Da Passano, confida a Renzi la volontà di lasciare l’editore Mario Conte per mettersi in proprio e per questo gli chiede aiuto per i testi di un nuovo personaggio che disegna lui stesso: Roal il Tarzan del Mare. Vi si affiancano anche le sceneggiature per le avventure di Rizza Manina d’Acciaio, giovane detective abilissima nelle arti marziali ma soprattutto tra i primi esempi, neppure troppo timidi, di valorizzazione delle forme femminili. Le sue sono copertine provocatorie dove appaiono profonde scollature e spacchi in grado di turbare i sonni dei giovani lettori. Tanto audace appare il tentativo editoriale, che la pubblicazione cessa le pubblicazioni dopo soli sei numeri, dal 18 ottobre al 23 novembre 1948, a seguito di una denuncia per offesa al pudore da parte di un’associazione di orientamento cattolico. Renzi rischia grosso perché compare come direttore e pure come proprietario e gerente, anche se non lo è effettivamente. Per sua fortuna il magistrato a cui è affidata la pratica, Adolfo Beria di Argentine, decide per il non luogo a procedere, mentre il nome di Renzi rimane nell’agenda del giudice a proposito di una sua passione per le nuvolette, che sfocerà in un’interessante e inedita iniziativa profumetto di lì a un paio di anni di distanza.

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Nel 1947 Roberto Renzi, ormai sufficientemente esperto per giocare partite editoriali in proprio, convince il tipografo Giuseppe Brugora a pubblicare un nuovo personaggio, Joe Bolide, su un quindicinale omonimo diretto dallo stesso Renzi. Bolide ha la caratteristica di essere un gran timido che però, spronato dall’intraprendente sorella Len Scintilla, sale sul ring per scoprire di avere “un pugno atomico” in grado di mettere al tappeto chiunque. L’eroe se ne serve mettendolo al servizio dell’intero universo nel quale si sposta agevolmente grazie a un razzo, come un novello Flash Gordon. Joe Bolide rimane in edicola per 48 numeri, dal 15 gennaio 1947 al 1° febbraio 1949. Le sue avventure proseguono poi sulle pagine di un’altra pubblicazione di Brugora, La dama di Picche, sempre curata da Renzi, che ha la particolarità di essere una striscia che si sfoglia in verticale. La dama di Picche, al secolo Liana Norton, è un’eroina mascherata esperta di lotta giapponese, che Renzi immagina in guerra contro gli assassini del nonno, Lord Norton. Per Renzi i criminali sono dediti ai tre mali tipici che affliggono l’Italia della ricostruzione: contrabbando, gioco d’azzardo e usura. Una produzione che gli permette quindi contaminazioni tra la cronaca di cui si occupa come giornalista e la scoppiettante fantasia di sceneggiatore. La dama di Picche ha un ciclo di vita di 24 numeri, dal 10 febbraio al 28 luglio 1949. 

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Nel 1948 Renzi è allietato dalla nascita del figlio Riccardo, che diventerà anche lui giornalista con una carriera milanese tutta in via Solferino, dapprima alla Domenica del Corriere e poi al Corriere della Sera dove sarà tra i fondatori e poi direttore dell’inserto Corriere Salute. Nello stesso anno, Renzi inizia una collaborazione con l’Editoriale Subalpino, emanazione postbellica delle Edizioni Alpe, attiva tra il 1946 e il 1949, a causa del fallimento della Alpe durante la guerra. L’editoriale Subalpino fa sempre capo a Giuseppe Caregaro anche se attraverso i prestanome Leonello Martini e Guido Zamperoni. Sulla nuova testata Belle Avventure fa capolino Gey Carioca, definito “il primo comic-strips italiano per adulti”. Gey, disegnata da Paul Campani è un’attrice, abile in travestimenti, che non si preoccupa troppo di rimanere in bikini o baby-doll durante le sue avventure. Un’altra eroina destinata a suscitare le ire dei benpensanti. Rimane in edicola per 12 numeri, dal 18 novembre 1948 al 30 maggio 1949. Un altro nuovo personaggio, il mascherato Misterix, inventato stavolta da Max Massimino Garnier, verrà sceneggiato da Renzi ma solo per il mercato estero, quando il personaggio sarà pubblicato in Argentina dall’Editorial Abril. Per la testata Albi dell’Ardimento, Renzi crea con lo pseudonimo di Capitan Storm, le storie strappalacrime di Piccolo Re. Una tappa importante nella carriera di Renzi si ha nel 1952, anno in cui grazie al ritorno della ragione sociale Alpe, Giuseppe Caregaro manda in edicola Cucciolo in un formato tascabile, con periodicità mensile. 

In quel periodo l’editore è alla ricerca anche di nuovi personaggi moderni e accattivanti, sulla falsariga dell’Eta Beta disneyano. Quando Caregaro gliene parla, Renzi ricorda di avere appena letto sul giornale una corrispondenza dagli Stati Uniti che annuncia l’invenzione di una nuova sostanza, il silicone, che viene descritto come malleabile, allungabile e plasmabile a piacimento: si potrebbe ricavarne un personaggino. L’idea è giudicata buona ma ci vuole un nome per il quale Renzi chiede un paio di giorni di tempo. Gli viene inaspettatamente in aiuto la zia toscana Siglinda (nome autentico ancorché fumettoso) che, parlando del più e del meno, gli racconta come un idraulico che gli deve venire a fare dei lavori in casa la prenda per le lunghe facendo “il tiramolla”. Renzi rimane folgorato: ecco il nome che cercava! 

Creato graficamente da Giorgio Rebuffi e poi disegnato prevalentemente da Umberto Manfrin, prende vita così Tiramolla “figlio del caucciù e della colla”, un filiforme ed estensibile omino nero, capace di straordinarie metamorfosi plastiche e pertanto in grado di assumere qualsiasi forma sia necessaria per superare gli ostacoli delle sue divertenti avventure. Per non renderlo un personaggio troppo “primo della classe” e quindi potenzialmente antipatico, Renzi pensa bene di appioppargli anche qualche difetto, nello specifico una straordinaria pigrizia e ritrosia a mettersi in azione. Il giusto mix si rivela un successo clamoroso sin dalle prime apparizioni su Cucciolo e, appena un anno dopo, Tiramolla ha una testata tutta sua.

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Sia su Cucciolo che su Tiramolla, Roberto Renzi per oltre vent’anni scriverà sceneggiature per almeno una quarantina di personaggi. Bisogna almeno citare Caribù, Poldo e Poldino, Gionni e Geppina per le matite di Antonio Terenghi; Pepito e Baldo per Luciano Bottaro; Bingo Bongo per Sergio Asteriti; Fox e Connie per Giorgio Rebuffi; Nonno Bigio per Gino Gavioli; Serafino e Marcello per Egidio Gherlizza. Il suo apporto all’Alpe va anche oltre le sceneggiature consegnate. Essendo uno dei primi collaboratori di Giuseppe Caregaro a possedere un’automobile, accompagna il suo editore in numerosi viaggi in Europa per piazzare i diritti di personaggi e testate a editori stranieri, ottenendo lusinghieri riscontri soprattutto in Francia e Germania.

Il 5 ottobre 1948 per Roberto Renzi, sempre in coppia professionale con l’amico di sempre, Augusto Pedrazza, inizia un altro rapporto lavorativo che si rivelerà per lui di fondamentale importanza e si estenderà anch’esso per oltre un ventennio: quello con il tipografo-editore milanese Marino Tomasina. Sulla testata Albo Gioiello, Renzi propone Pierino Atom, un giovane che vive a New York, è abile nella boxe e finisce per vivere svariate avventure intorno al mondo insieme agli amici Bomba e Stecca, i soliti caratteristi grasso e magro. Un discreto successo che dura in edicola per un intero anno contro i pochi mesi di vita nei quali si esaurivano in genere le storie di personaggi analoghi. Arrivano poi altre due serie brevi: Kid Meteora (1949) e Scugnizzo (1950), prima che Renzi dia vita il 10 febbraio 1950 a un altro dei suoi personaggi chiave, il tarzanide Akim.

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Akim è probabilmente il personaggio a cui Renzi era più affezionato e ha più volte ricordato di ritenere riduttiva l’etichetta di “tarzanide” che si è soliti associare al suo nome. In realtà l’operazione che Renzi attua con la creazione di Akim è quella di contaminare il mondo di Tarzan con quello delle giungle indiane e orientali così come sono descritte nei romanzi di Rudyard Kipling. Non a caso, il nome del personaggio “contiene” il nome Kim, protagonista e titolo di uno dei romanzi più celebri dello scrittore britannico dell’epoca coloniale. Nelle storie di Akim c’è uno spirito più vicino a Emilio Salgari che non a Edgar Rice Burroughs, il papà di Tarzan. Altro elemento di originalità assoluta e invenzione di Renzi, è il fatto che gli animali che vivono nella giungla con Akim parlano come esseri umani. Akim è il loro re, ne conosce la lingua e pertanto comunica con loro in maniera totalmente intellegibile per i lettori. È la prima volta che nel fumetto italiano non comico degli animali parlano ed esprimono i loro pensieri e sentimenti in quel modo. 

Conseguenza diretta di questo fatto è che Akim, pur essendone il re, è in qualche modo il custode e il protettore degli animali. Per esempio non li uccide mai, neppure quando sono cattivi, cosa che a volte invece a Tarzan capita per riaffermare il suo primato. Così, senza volerlo esplicitamente, nelle pagine di Akim si respira un’aria di tematiche ecologiste quando la parola ecologia era ancora solo un termine del gergo scientifico specialistico. Akim difende la natura e i suoi abitanti dai soprusi e dall’invadenza dei bianchi; un vero e proprio paladino “verde” ante litteram. Basti pensare che il WWF, prima organizzazione ecologista nota a livello planetario, viene fondata un decennio più tardi, nel 1961, e che in Italia arriva ancora dopo, solo nel 1966. E mentre intanto il movimento ecologista maturava lentamente, in quegli stessi anni le avventure di Akim venivano sviluppate in una serie di albetti a striscia per un totale di 894 uscite, l’ultima delle quali porta la data del 31 marzo 1967. Lo zoo di Akim in Italia è praticamente contemporaneo al panda del WWF! Come se non fosse sufficiente, la premiata ditta Renzi e Pedrazza durante la prima metà degli anni Cinquanta ha modo di sfornare tutta una serie di altri personaggi di minor respiro ma non meno curati e caratterizzati nei rispettivi ambiti che vanno dall’avventura, al western all’umorismo. Nel 1950 Slim, Il Piccolo Corsaro, Birba, Il Principe Nero e Lazo Jim. Nel 1951 L’Arciere Fantasma; nel 1952 Jgor il Gigante, Piccola Pantera e Fulgor; nel 1953 Virgola; nel 1954 Tabor l’uomo della jungla e Tony Comet e nel 1954 Mowgli. Innumerevoli anche le storie autoconclusive che trovavano spazio in coda agli albi Tomasina. Akim raggiunge record di vendite in Italia e assume nel tempo anche una dimensione internazionale. 

Viene tradotto in diverse lingue e stampato in svariati Paesi, specie in Germania dove ancor oggi è proposto in un’edizione a colori. Ma è in Francia che Akim rinasce a nuova vita. All’inizio degli anni Sessanta, Madame Ratier, proprietaria delle Editions Aventures et Voyages si trova nell’imbarazzante situazione di non avere abbastanza materiale del tarzanide italico per coprire tutte le sue pubblicazioni e chiede allora a Renzi e Pedrazza di scriverne e disegnarne di nuove appositamente per il mercato francese; cosa che avviene a partire dal 4 maggio 1961. Alla fine, la coppia avrà realizzato 565 nuovi episodi lunghi.

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Queste Storie “straniere” sono poi tornate nel nostro Paese nel 1976 grazie a Sergio Bonelli che le ha proposte ai lettori italiani in una testata apposita intitolata Akim e pubblicata dalla Altamira. Per questa edizione Sergio Bonelli chiese a Renzi e Pedrazza di ideare un nuovo numero uno che desse un inzio differente alla saga. La serie si compone in tutto di 84 uscite, l’ultima parte delle quali, dal 1980 al 1983, passa alle Edizioni il Quadrifoglio di Carlo Conti. Nel 1950, due anni dopo che il processo per Rizza, manina d’acciaio è finito in nulla, il magistrato Adolfo Beria D’Argentine, piuttosto favorevole al fumetto, che è al contrario demonizzato in molti altri ambienti, pensa di offrire a Renzi l’opportunità di partecipare a una manifestazione sui comics, la prima organizzata in Italia, per la quale viene messa a disposizione l’ala sinistra del Palazzo di Giustizia di Milano. Un’operazione senza precedenti, che contribuisce non poco a sdoganare i tanto vituperati “giornalini”, che parallelamente stavano subendo una serie di attacchi anche politici, approdati in parlamento sotto forma di disegni di legge restrittivi e con forme di censura preventiva che, se fossero passati, avrebbero distrutto un settore dell’editoria. Renzi, protagonista di una parte importante di quell’evento (che comprendeva anche una mostra internazionale di editori, come testimonia il Cinegiornale Incom del 2 novembre 1950) così ricordava quei giorni in un’intervista concessa a Loris Cantarelli della rivista Fumo di China: “per la prima volta in Italia i fumetti non erano qualcosa di clandestino e da vietare ai ragazzi, ma una forma di comunicazione valida e artistica, da non sottovalutare. Durò un mese e fu allestita con i mezzi che avevamo: cavalletti rintracciati da qualche parte, disegni che gli editori ci concessero faticosamente...Ma fu importante per il luogo dove era stata allestita”.

Due anni più tardi, nel 1952, Renzi viene assunto nella redazione del quotidiano milanese del pomeriggio La Notte, diretto da Nino Nutrizio. Renzi dal 1955 al 1965 per le testate di Giovani Bianconi sceneggia varie storie di Abelarda e di Giungla Bill, sempre per i disegni di Pedrazza. Tra il 1960 e il 1961 non manca neppure una collaborazione con Mondadori per nove storie che sono pubblicate su Topolino e Almanacco Topolino, da Paperino e la zanzara Zip Zip (Topolino n. 244, disegni di Giuseppe Perego), a Paperino e la nave scomparsa (Almanacco Topolino n. 58, disegni di Giovan Battista Carpi). Tra l’altro, Renzi è il primo autore italiano a utilizzare Eta Beta in una storia a fumetti.

Quando poi, nel dicembre 1962, la Mondadori cede la testata Pecos Bill all’editore Franco Fasani, Renzi si occupa di scriverne 49 nuovi episodi disegnati da Franco Donatelli. 

Nel momento in cui la EsseGesse lascia il personaggio del Grande Blek, febbraio 1965, nelle mani di Franco Baglioni, direttore editoriale della Dardo, Renzi viene chiamato tra i primi a continuare le avventure del trapper biondo. Inoltre, per Collana Freccia, dal n. 80, del 24 luglio 1966, crea Mister Mistero, reso graficamente dallo studio di Naro Barbato e Angelo Mancini.

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 Dal 1970 al 1974 Renzi scrive testi anche per il tascabile per adulti Jolanda De Almaviva edito dalla Erregi di Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon. Per quanto riguarda le attività a favore della promozione del fumetto, Roberto Renzi si prodiga ogni volta che il suo ruolo di giornalista gliene offre l’occasione. Nella sua carriera fu anche, ricordiamolo, presidente del Gruppo Cronisti Lombardi, dell’Associazione Lombarda Giornalisti e, per lungo tempo, direttore del Circolo della Stampa di Milano. Qui dal 13 al 20 maggio 1975 organizza la manifestazione Milanofumetto, perché finalmente si inizi a parlare di comics — oltreché a Lucca — a Milano, dove gran parte dei fumetti vengono scritti, disegnati e stampati. Nel biennio successivo, 1974-1976 crea insieme a Giuseppe Pederiali l’ultimo tarzanide della sua vita: Zan della Jungla, per i disegni di Bruno Marraffa. Il personaggio è pubblicato prima dalla Edifumetto e poi dalla Geis. Sempre per Geis, Renzi scrive il western Coyote, reso graficamente da Pietro Gamba. Si tratta di una sorta di Kinowa rivisitato, che ha il volto di Yul Brynner.

A metà degli anni Ottanta, tra i suoi ultimi personaggi, crea Tom Tom ed El Chico Mas, pubblicati sulla rivista Più della Editoriale Domus.

Quando, nel 1992, la Vallardi acquisisce l’Alpe, nasce il progetto di dare nuova vita a Tiramolla con un rilancio editoriale in grande stile, che però non darà i risultati sperati. Nonostante alcune scelte editoriali non condivise, Roberto Renzi è comunque della partita. Nel 1995 pubblica con Baldini & Castoldi il volume “Racconti Mattinali”, una collezione di 60 storie tratte dai verbali di Polizia e Carabinieri, che ha avuto modo di leggere e conservare in tanti anni di attività come cronista di nera.

Nel 2010 si aggiunge un secondo volume, pubblicato in proprio: “Memorie da non perdere”, una serie di 23 episodi chiave della sua vita professionale, una sorta di lascito a chi volesse saperne di più su questo prolificissimo e instancabile protagonista del fumetto italiano. Roberto Renzi si spegne a Milano il 23 ottobre 2018, all’età di 95 anni.

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